Quantcast

Energy Dome, la startup di Lonate Pozzolo che abbatte i costi delle rinnovabili

È la startup italiana tecnologica di accumulo di energia a lunga durata, già entrata nell’orbita di osservazione a livello mondiale e finanziata con operazioni di venture capital. Sta mettendo a punto con brevetti proprietari la batteria ad anidride carbonica

Economia generiche

Gli impianti con energie rinnovabili decorano e deturpano il paesaggio a seconda delle epoche e delle circostanze, come tutte le tecnologie che accompagnano l’epoca dell’antropocene. All’inizio c’erano i mulini a vento e ad acqua, le dighe dei bacini idroelettrici; ora i pannelli fotovoltaici sui tetti e nei campi e le pale eoliche a terra e in mare. È possibile che in futuro si aggiunga la forma del duomo. Non proprio come quello di Milano, ma pur sempre bianco e puro, non alimentato ad incenso e misticismo, ma ad anidride carbonica e magia termo-chimica.

Le rinnovabili sono fantasticamente attraenti e terribilmente complicate. Il sole di notte non c’è, l’irradiazione cambia nelle stagioni ed è molto variabile in funzione delle latitudini; il vento è per definizione volubile. La dote di rinnovabili non è uniformemente distribuita nel mondo e accumulare energia e trasportarla non è proprio una bazzecola. Spostare grandi quantità di energia da posti soleggiati, equatoriali, e ventosi, a quelli nuvolosi e senza vento, è un’impresa costosa e a volte politicamente proibitiva, perché i paesi non amano dipendere da altri per soddisfare il proprio bisogno energetico (la crisi Ucraina ce lo ricorda in modo energico).

Inoltre, ci illudiamo che la rete elettrica sia un sistema integrato e fluido come internet ma non è così. Ci sono tante reti variamente interconnesse e quindi l’accumulo locale è una parte fondamentale del puzzle dell’integrazione di una quota crescente di rinnovabili.

Il vero problema delle rinnovabili è che fornisce energia in modo inaffidabile e intermittente. Il nostro bisogno di energia è costante e questo non è coerente con il problema del tramonto e dell’annuvolamento. Quindi è necessario stoccare l’energia diurna nelle batterie per i momenti quando la produzione cala o si interrompe. Questo è un processo costoso a causa del costo delle batterie e delle perdite di efficienza nella trasformazione (costa il triplo di quella utilizzata direttamente quando viene generata). Se pensiamo alle differenze stagionali il problema diventa ancora più complicato perché stoccare a lungo termine per accumulare d’estate e redistribuire d’inverno è ancora più costoso. In Germania con il fotovoltaico si produce a giugno circa dieci volte tanto quanto a dicembre. L’eccesso di energia estiva è un problema e deve essere riversata nei paesi limitrofi che non gradiscono le oscillazioni nelle loro reti sovraccaricate.

Oltre dalle soluzioni tecniche e logistiche, l’equilibrio nelle scelte dipende dal costo totale relativo delle varie fonti nel mix energetico. Ad esempio, negli Stati Uniti la crescita del costo del gas degli ultimi mesi ha causato uno spostamento della produzione di energia elettrica verso le centrali a carbone, che soddisfano il 23% del fabbisogno del paese nel 2022, a fronte del 3% fornito dalle rinnovabili. A causa delle curve di costo attese, queste ultime ci si aspetta che rappresentino solo il 20% del totale nel 2050, mentre il carbone continuerà ad essere una fonte molto importante del mix globale. Anche se Austria, Belgio, Portogallo e Svezia hanno già fermato tutte le loro centrali a carbone, Cina, India, Vietnam, Indonesia e Tailandia continuano a costruirne di nuove perché la tecnologia costa poco e hanno molte riserve di carbone. Del resto, la Cina non potrebbe fare altrimenti per sostenere la sua vorace domanda di energia. Nel suo mix avranno un ruolo fondamentale tutte le fonti, nucleare compreso, come dimostrato dal successo dell’entrata in operazione della prima centrale di nuova generazione con reattore nucleare modulare pebble bed ad alta temperatura raffreddato a gas (HTR-PM) a dicembre. In Europa, la Francia sta costruendo sei nuove centrali, per continuare ad avere come oggi il 70% della sua elettricità dal nucleare.

LE BATTERIE PER L’ACCUMULO

Le tecnologie solari, eoliche e di accumulo esistenti possono fornire circa i tre quarti del nostro fabbisogno di elettricità in futuro e i prezzi delle batterie al litio sono scesi dell’89% rispetto al 2010 e potrebbero scendere fino ai 100 dollari per kilowattora, avvicinandosi così al loro limite di miglioramento possibile. Tuttavia, la tecnologia agli ioni di litio ha i suoi svantaggi. Si basa su una risorsa sempre più scarsa, il litio, rappresenta un potenziale pericolo di incendio per l’ambiente, le prestazioni si degradano rapidamente con l’uso, non gestisce bene i tempi di conservazione superiori alle 4 ore e, ultimo ma non meno importante, è costosa. Per raggiungere emissioni nette zero sono necessarie altre tecnologie per risolvere i problemi di costo e intermittenza, come le batterie con metalli allo stato liquido e batterie di flusso.

ENERGY DOME

Energy Dome è la startup italiana tecnologica di accumulo di energia a lunga durata, già entrata nell’orbita di osservazione a livello mondiale. All’interno del World Trade Center Malpensa Airport, in via del Gregge 100 a Lonate Pozzolo (Va), sta mettendo a punto con brevetti proprietari la batteria ad anidride carbonica. La batteria CO2 può scaricarsi fino a 24 ore, inoltre a differenza delle batterie agli ioni di litio che si degradano nell’arco della loro durata di 7-10 anni, la batteria a CO2 può funzionare per 25 anni. Ha un ciclo di carica/scarica ottimale da 4 a 24 ore, consentendo cicli giornalieri e intraday. Può essere caricata durante le ore diurne, sfruttando una maggiore generazione di energia solare, e quindi attivata durante i picchi serali e mattutini di consumo. In sintesi, permette lo stoccaggio e l’invio della produzione di energia solare ed eolica 24 ore al giorno.

Claudio Spadacini, fondatore di Energy Dome, è un ingegnere-imprenditore seriale, che aveva precedentemente fondato Exergy, sempre nel Varesotto, acquisita recentemente dal gruppo cinese Tica. https://www.varesenews.it/2020/07/anche-sebigas-mani-cinesi-lazienda-olgiate-olona-acquistata- dal-gruppo-tica/942778/

«Lo stoccaggio di energia a lunga durata sarà la chiave per la decarbonizzazione delle microgrid», afferma Spadacini, in un’intervista pubblicata sulla rivista Power. Il punto forte della batteria di CO2 è il ciclo quotidiano con la capacità di trasformare, a basso costo, una generazione rinnovabile variabile e intermittente in un’alimentazione decarbonizzata affidabile, 24 ore su 24, 7 giorni su 7 per gli utenti finali».

La batteria di Energy Dome manipola la CO2 tra la sua forma gassosa e il suo stato liquido*, a 70 bar, in un processo termodinamico a circuito chiuso a temperatura prossima all’ambiente. La liquefazione della CO2 richiede molta energia, ma riportandola alla sua forma gassosa ne recupera il 70-75% e lo fa senza degrado delle prestazioni. Inoltre, gli impianti richiedono un investimento significativamente inferiore rispetto a quelli con ioni di litio.

Spadacini ha detto a POWER che il sistema di Energy Dome potrebbe raggiungere un costo di stoccaggio (LCOS) livellato da 50  a 60 dollari per MWh nei prossimi anni, meno della metà dei sistemi che utilizzano batterie agli ioni di litio.

A2A, 360 Capital Partners e Bloomberg hanno recentemente dimostrato di credere in Energy Dome. A2A ha stipulato un protocollo d’intesa con Energy Dome per implementare il primo progetto commerciale dell’azienda, per sviluppare un sistema da 100 MWh. A febbraio 2022 Energy Dome è stata scelta come finalista della categoria “fornire energia a emissioni zero 24 ore su 24” da Bloomberg per il concorso annuale BNEF Pioneers: “La batteria CO2 determinerà un cambio di paradigma nell’accumulo di energia a lunga durata e quindi nella transizione energetica”.

A fine 2021, Energy Dome ha raccolto 11 milioni di euro di finanziamenti da un pool di investitori guidato dall’italo-francese 360 ​​Capital Partners. Come si sceglie in quale idea credere e investire a fronte delle sfide tecnologiche, commerciali e di business model da superare e le molte alternative a disposizione? Lo abbiamo chiesto a Fausto Boni, general partner di 360 Capital e presidente di VC Hub, l’associazione che riunisce i principali attori nel finanziamento delle startup innovative e del Venture Capital italiano. Con tutte le alternative tecnologiche nello stoccaggio di energia perché credete in quella di Energy Dome?: «Energy Dome si contraddistingue per aver sviluppato una tecnologia unica e estremamente competitiva per il settore del long-duration energy storage (LDES), riuscendo ad ottenere alte performance e bassi costi grazie a un processo termodinamico che utilizza componenti “off-the-shelf”. Questo ha consentito all’azienda di avere uno sviluppo molto rapido rendendo quindi la tecnologia pronta per il mercato già nel corso del 2022, a differenza delle altre tecnologie che necessitano ancora di anni di sviluppo. Il primo impianto di dimostrazione commerciale in Sardegna è infatti quasi concluso, mentre è già in fase di sviluppo un impianto su larga scala da 20MW/100MWh. Crediamo che la società abbia tutte le carte in regola per diventare un player di riferimento nel settore contribuendo in tal modo al sostegno della transizione energetica a livello globale».

La forma del duomo potrebbe diventare un’icona di quello che mi piace chiamare “Mind in Italy”: immaginazione, innovazione e imprenditorialità, che attraggono investimenti.

“Investire è semplice, ma non è facile”, Warren Buffett.

_________________________

*Nota sul funzionamento di Energy Dome
La documentazione tecnica descrive il funzionamento del sistema. “Il sistema preleva energia elettrica dalla rete elettrica, che alimenta un motore. Il motore aziona un compressore che preleva CO2 dal duomo e la comprime, generando calore che viene immagazzinato in un dispositivo di accumulo di energia termica. La CO2 viene quindi liquefatta sotto pressione e conservata in contenitori di CO2 liquida, a temperatura ambiente, per completare il ciclo di carica”. Durante la scarica, “il ciclo viene invertito facendo evaporare la CO2 liquida, recuperando il calore dal sistema di accumulo di energia termica ed espandendo la CO2 calda in una turbina, che aziona un generatore. L’elettricità viene restituita alla rete e la CO2 rigonfia la cupola senza emissioni in atmosfera, pronta per il prossimo ciclo di ricarica. I componenti del sistema sono standardizzati e modulari, consentono una capacità di stoccaggio fino a 200 MWh e si rivolgono a un’ampia gamma di clienti tra cui utility, produttori di energia indipendenti, operatori di rete, applicazioni industriali e operazioni di mining remote”. La società spiega che utilizza la CO2 perché può essere convertita in liquido sotto pressione a 30°C, rispetto ai meno 150°C dell’aria, aumentando la convenienza. Il sistema da 100 MWh necessita di alcune centinaia di tonnellate di CO2 di livello industriale per una carica una tantum. Si tratta di una quantità relativamente piccola, rispetto alle 2 di tonnellate che una centrale elettrica a gas di medie dimensioni emette nell’atmosfera ogni anno. L’approvvigionamento di CO2 non è un problema in quanto vi è un’ampia scelta di fornitori di gas industriali e in futuro aumenteranno le tecnologie per la sua cattura.

La filiera del venture capital investe 2 miliardi nell’innovazione italiana

di
Pubblicato il 22 Febbraio 2022
Leggi i commenti

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.

Segnala Errore