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Monza, cent’anni di autodromo: compie un secolo il “tempio della velocità”

Nacque nel 1922 e fu costruito in pochissimi mesi. La "parentela" con l'Autolaghi, i luoghi simbolo e quel Gran Premio dell'88 dall'esito "soprannaturale"

autodromo di monza 100 anni

Quella in programma la prossima domenica 11 settembre sarà un’edizione particolare per il Gran Premio d’Italia di Formula Uno. La 92a edizione si tiene infatti nei giorni in cui cade un anniversario speciale e, per certi versi, eccezionale: i 100 anni dalla fondazione dell’Autodromo Nazionale di Monza.

Una ricorrenza notevole, perché il circuito brianzolo è la vera e propria “casa” dell’automobilismo sportivo italiano: solo in una manciata di occasioni (nel ’21 a Montichiari, ma Monza non c’era ancora; nel ’37 a Livorno, nell’immediato dopoguerra a Milano e Torino e nell’80 a Imola) il Gran Premio si è disputato lontano dal tracciato disegnato all’interno del parco di Villa Reale. Il vero e proprio “Tempio della velocità”, nel quale hanno “celebrato” tutti i più grandi campioni che hanno guidato un bolide da Formula Uno, innanzitutto, anche se l’autodromo ha scritto pagine importanti di storia anche in tante altre discipline motoristiche, dall’endurance alle moto sino al rally. (foto Monzanet.it)

PRONTO IN SEI MESI – Se volgiamo lo sguardo indietro, a un secolo fa, stupisce la rapidità con cui l’autodromo vide la luce: ci vollero solo pochi mesi dall’avvio dei lavori a fine febbraio al primo collaudo avvenuto il 28 luglio con due piloti i cui nomi sfumano nel mito passato, Pietro Bordino e Felice Nazzaro. L’inaugurazione andò in scena il 24 agosto, sei mesi dopo la posa della prima pietra e così il 10 settembre dello stesso anno il Gran Premio d’Italia poté disputarsi proprio nel nuovissimo impianto. A vincere, al volante di una Fiat 804, fu lo stesso Bordino (che qualcuno ricorderà citato da Lucio Dalla nella canzone “Nuvolari”) davanti al compagno di squadra Nazzaro e allo spagnolo Pierre de Vizcaya sulla Bugatti. In quella edizione ci fu anche la prima vittima, il tedesco Gregor Khun, volato fuori pista nelle prove e morto sul colpo a bordo di una Austro-Daimler.

LA “PARENTELA” CON L’AUTOLAGHI – In quegli anni in terra lombarda si fece la storia. Monza è infatti considerato il terzo autodromo permanente al mondo dopo quelli di Brooklands in Inghilterra (ora dismesso) e Indianapolis, negli USA; allo stesso modo la “vicina” Milano-Varese è tra le primissime autostrade che siano mai state create. Entrambe hanno in comune una figura chiave, ovvero l’ingegner Piero Puricelli: milanese di nascita, conte di Lomnago, fu lui a disegnare il tracciato dell’autodromo – quello che al netto di chicane e variazioni conosciamo ancor oggi – e a progettare l’Autolaghi inaugurata nel settembre del ’23 alla presenza del re Vittorio Emanuele III.

DA NUVOLARI ALLA FORMULA UNO – La storia di Monza, lo abbiamo detto, è costellata dalle vittorie dei maggiori fuoriclasse dell’automobilismo. Tra i primi anche Tazio Nuvolari che vinse il GP d’Italia per tre volte, due con l’Alfa Romeo (una in coppia con Campari) e una con la tedesca Auto Union. Tempi precedenti alla nascita della Formula Uno il cui Mondiale si disputa “solo” a partire dal 1950, con Nino Farina su Alfa Romeo e (due volte) Alberto Ascari su Ferrari vincitori a Monza e conquistatori del titolo iridato prima dell’avvento di Juan Manuel Fangio. Risale poi al 1966 l’ultimo successo italiano, con Ludovico Scarfiotti a bordo di una vettura di Maranello.

autodromo di monza 100 anni
Foto: Monzanet.it

1988, LA “MANO DEL DRAKE” – Sono innumerevoli gli episodi che si possono citare quando si abbina il nome di Monza al marchio della Formula Uno. Ma quel che accadde nel 1988 ebbe un che di soprannaturale: il Gran Premio si disputò come sempre a inizio settembre, a meno di un mese dalla morte – avvenuta il 14 agosto – di Enzo Ferrari, l’uomo che più di ogni altro ha incarnato il mito dell’automobilismo sportivo italiano e mondiale. In quella stagione le McLaren furono imbattibili: Prost e Senna vinsero tutte le gare disputate fino a quel giorno e avrebbero continuato a trionfare anche dopo. Pure a Monza l’epilogo sembrò segnato nonostante il ritiro del francese per noie meccaniche. Ma improvvisamente, a poche tornate dal termine, Senna si scontrò con la Williams del francese Schlesser durante un doppiaggio e dovette abbandonare. In testa si ritrovarono così Gerhard Berger e Michele Alboreto sulle Ferrari numero 28 e 27 che conquistarono una doppietta inattesa, magnifica e – fu convinzione di tutti – ispirata dall’alto… dei cieli.

I LUOGHI SIMBOLO – Anche gli spettatori meno attenti e meno appassionati non possono non conoscere una serie di nomi, assegnati ai punti chiave del tracciato, che hanno fatto la storia dell’autodromo. Prima variante, curvone, variante della Roggia, curve di Lesmo, Serraglio, variante Ascari sono da sempre (o, almeno, da quando esistono: le varianti sono state inserite nel corso degli anni…) luoghi di battaglia per una staccata più lunga, per una traiettoria migliore, per una dimostrazione di forza e di coraggio. E poi c’è la parabolica, la lunga curva che immette nel rettilineo principale, laddove si prende la rincorsa per toccare velocità di punta pazzesche con qualunque mezzo si corra. Costruita nel 1955, laddove prima c’erano le due ravvicinate “curve di porfido”, la parabolica è oggi intitolata a Michele Alboreto. Da non dimenticare – ma meriterebbe un libro a parte, l’anello ad alta velocità che corre all’interno del parco e ricalca solo sul rettilineo il tracciato usato per la Formula Uno.

Damiano Franzetti
damiano.franzetti@varesenews.it
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Pubblicato il 03 Settembre 2022
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