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Un fiore per ricordare Luciano e Luciana Zaro, a Gallarate

Per la prima volta alla commemorazione del giovane ucciso dai fascisti nel 1945 mancava la nipote che aveva ereditato il nome, scomparsa tragicamente. Il momento ha unito due ricordi

È un anniversario strano, quello di Luciano Zaro nel 2022. Perché per la prima volta, dopo anni, non c’è Luciana Zaro, la nipote che portava il nome del giovane ucciso nel 1944 sulla porta di casa sua, tra le corti del quartiere Arnate a Gallarate.

«Per lei il passato, l’importanza di quel che era stato, era cosa viva» l’hanno ricordata gli amici, in un intervento al termine della commemorazione del partigiano, a cui lei non mancava mai, neppure lo scorso anno. «Mia nonna ha ripreso a vivere solo quando sono nata io» diceva Luciana, nel ricordare quel dolore sordo e insopprimibile che attraversava la sua famiglia, per il ragazzo ventenne assassinato dai fascisti davanti ai genitori.

Luciano Zaro era un ragazzino, visto con gli occhi di oggi, nella foto sorridente che anche oggi, alla commemorazione in via Garegnani, è stata esposta. Si era sottratto alla leva fascista, per non servire il governo illegittimo della Repubblica di Salò, e per questo venne catturato dalle Brigate Nere guidate dal maresciallo Francesco Crosta, squadrista della prima ora divenuto capo della squadra che dava la caccia agli antifascisti. Dopo averlo immobilizzato, Crosta gli sparò davanti agli occhi della madre, uccidendolo sul colpo.

Nel suo intervento alla commemorazione curata da Anpi Gallarate, l’oratrice Patrizia Foglia ha ricordato i mesi del terrore delle Brigate Nere, il partito fascista fattosi milizia armata: la Brigata Nera portava il nome di Dante Gervasini, un nome che oggi è tornato ad essere utilizzato da un gruppo neofascista attivo in provincia. Uno degli «sfregi» alla Repubblica antifascista che si consumano «nel silenzio e nell’indifferenza di molti», ha attaccato Foglia.

Al termine della cerimonia, in ricordo di Luciana Zaro, sono stati distribuiti rametti di fiori di campo, a ogni partecipante. In tanti li hanno accarezzati e poi li hanno messi tutto intorno alla corona di alloro per suo zio Luciano, accanto ai nastri tricolore.

Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it
Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare.
Pubblicato il 27 Novembre 2022
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