Come saranno le città tra 100 anni?
A cercare di rispondere, un evento pubblico tra dialoghi, visioni e attivismo: mercoledì 26 giugno alle 21, a Materia Spazio Libero, si parla di futuro con il documentario “Shaping the City of Tomorrow”

“Spero che questo documentario faccia nascere delle domande. Che aiuti a guardare le nostre città con occhi nuovi. E che magari spinga qualcuno ad agire, anche solo nel proprio quartiere.” Vittoria Martignoni, Robert Kennedy Foundation
Quali città vogliamo abitare nei prossimi cento anni? E, soprattutto, chi avrà voce nel definirne le priorità? Da queste domande nasce La città del domani, l’evento che si terrà mercoledì 25 giugno alle 21.00 a Materia Spazio Libero (via Confalonieri 5, Sant’Alessandro).
Un incontro aperto e gratuito che prende spunto dal documentario Shaping the City of Tomorrow per affrontare due sfide cruciali del nostro tempo: la giustizia climatica e l’inclusione sociale. Organizzato da Anche Io Aps in collaborazione con il Circolo ACLI di Castelveccana Aps, l’evento sarà un’occasione per riflettere sul futuro delle nostre comunità, partendo dallo sguardo dei giovani. Proprio da loro è nata l’idea del documentario, come ci racconta Vittoria Martignoni, collaboratrice della Robert Kennedy Foundation.
Vittoria, puoi raccontarci di cosa si occupa la Robert Kennedy Foundation?
“La Robert Kennedy Foundation prende il nome dalla famiglia Kennedy. Una fondazione che ha la casa madre negli Stati Uniti e ha diverse associazioni in tutto il mondo, tra cui anche in Svizzera. Si occupa di portare l’educazione ai diritti umani nelle scuole, questo è il focus principale in Svizzera. L’organizzazione, negli Stati Uniti, si occupa anche della parte legale di casi in cui i diritti umani vengono violati. Abbiamo realizzato il documentario Shaping the City of Tomorrow a Zurigo con un gruppo di giovani studenti del liceo e dell’università, interessati a impegnarsi in attività legate ai diritti umani. Abbiamo collaborato con l’associazione giovanile WE ARE AIA e con la città di Zurigo.”
Com’è nato Shaping the City of Tomorrow? Quali sono state le difficoltà che avete incontrato durante la realizzazione?
“Il documentario è nato durante gli anni del Covid, quando abbiamo partecipato a un bando del Comune di Zurigo per finanziare progetti che collegassero i diritti umani al tema climatico. Abbiamo vinto e la città ci ha dato dei fondi. Così abbiamo deciso di collaborare con altre realtà locali. La cosa più interessante ci è sembrata unire le forze con AIA, che a Zurigo stava sviluppando un progetto interdisciplinare per immaginare le città del futuro. Abbiamo cominciato ponendoci la domanda “come saranno le città tra 100 anni?”, e abbiamo voluto dare voce a chi spesso non ce l’ha: rifugiati, persone con disabilità, attivisti per la giustizia climatica. Sono loro a rendere viva una città. In realtà non abbiamo avuto grandi difficoltà durante la realizzaizone grazie al supporto di AIA e del Comune, che è sempre stato molto coinvolto. Anche le persone intervistate si sono mostrate molto disponibili. La vera complessità è stata tecnica: nessuno di noi è un regista professionista. Tutti i partecipanti erano volontari.”
Quanto conta, secondo te, lo sguardo giovane nel raccontare questi temi?
“Lo sguardo dei giovani è fondamentale. Siamo la generazione del futuro, ma anche quella che oggi può portare questi temi nei dialoghi con i leader politici. Troppo spesso veniamo considerati “troppo giovani”, come se non fossimo pronti. Ma io ho visto con i miei occhi quanto siano consapevoli e motivati i giovani con cui abbiamo collaborato. Hanno tanta voglia di fare e sanno bene quali scelte vogliono sostenere.”
Che ruolo possono avere i social media nella trasformazione delle città? Li vedi come strumento di attivismo o di narrazione?
“I social media sono un’arma a doppio taglio. Hanno una grande influenza sui giovani: possono creare connessioni, dare visibilità a certi temi, ma portano anche tanta disinformazione e, purtroppo, tanta cattiveria. Bisogna saper distinguere e selezionare le fonti. Se usati con consapevolezza, possono essere utili per creare legami, anche a livello internazionale, e far dialogare temi diversi tra loro.”
Cosa ti auguri che rimanga allo spettatore dopo la visione del documentario?
“Mi auguro che resti un po’ più di consapevolezza. Che magari qualcuno si renda conto di non aver mai riflettuto su certe domande o temi legati al presente e al futuro. Vorrei che il documentario stimolasse nuove domande, magari anche qualche risposta. Anche se è ambientato a Zurigo, i temi che tocca sono universali e applicabili a molti contesti. Spero possa servire da spunto per attivare nuovi progetti, anche a livello locale, nelle nostre città italiane.”
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