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Marta Morazzoni chiude Filosofarti

L'incontro con la scrittrice conclude il festival di filosofia che ha registrato un gran successo

Filosofarti 2019

“I libri migliori sono quelli che vanno riletti due volte, per poterli apprezzare al meglio. E i libri di Marta Morazzoni sono tra questi”. Così il giornalista svizzero Michele Fazioli ha presentato l’ultimo ospite della XV edizione di Filosofarti, Marta Morazzoni.

La scrittrice, già vincitrice del Premio Campiello nel 1997 per ‘Il caso Courrier’ e del Premio Campiello alla carriera nel 2018, giocava in casa, al museo Maga della sua città. Città che, come ha fatto notare Fazioli, non compare quasi mai nei suoi libri: “è una mia scelta precisa”, spiega la Morazzoni. “Per me scrivere un romanzo, o un racconto, vuol dire prima di tutto usare l’immaginazione. E Gallarate è un contesto che conosco troppo bene. Il mediatore, che è l’unico racconto ambientato nella mia città, è il libro che amo meno. Preferisco sempre ambientare i miei romanzi in altri paesi, e soprattutto in altre epoche”.

La Morazzoni, infatti, non ambienta quasi mai le sue storie nel presente. Ma perché? “Credo che la distanza temporale mi faccia bene”, racconta la scrittrice. “Quando si scrive è come se si fosse in un’altra dimensione. E farlo in un’altra epoca è gratificante. È una forma di turismo un po’ particolare. Salgari diceva che scrivere o leggere romanzi di altre epoche è come viaggiare senza bagagli. L’hic et nunc – aggiunge – non fa per me. Non escludo di farlo più avanti, ma adesso non mi sento pronta”. In ogni caso, nelle storie c’è sempre qualcosa di suo: “anche nelle storie più lontane geograficamente e storicamente, c’è la mia vita, le mie esperienze. Ed è così, penso, per tutti gli scrittori. Altrimenti parleremmo di romanzi asettici, freddi”.

La scrittrice svela poi una sua grande passione, la musica, che l’ha sempre aiutata nel suo lavoro: “ho sempre amato la musica. Confesso che in passato avrei voluto fare la cantante. E, in particolare, ho sempre amato e ascoltato Mozart”. Del musicista austriaco ne apprezzava soprattutto l’immediatezza, il fatto che componesse praticamente di getto, senza rivedere più di tanto il lavoro fatto: “da giovane scrittrice alle prime armi mi sentivo così. Intendevo la scrittura come un’arte immediata, che non aveva bisogno di essere rivista. Ma col tempo cominciai ad apprezzare la fatica, il lavoro assiduo della revisione, del perfezionamento, il labor limae”.

“Quello che non apprezzo del mondo della letteratura – continua la Morazzoni, soffermandosi sul suo rapporto con i libri e gli autori – è il dover continuamente vendersi, andare in giro per eventi, fiere, incontri. Secondo me leggere è un rapporto privato che si instaura tra lettore e libro. Ognuno trae le proprie interpretazioni, ed è giusto che sia così. Quando un autore parla del suo libro ai potenziali lettori, è come se li pilotasse”.

Quando Fazioli chiede quale sia lo scrittore prediletto, la Morazzoni non ha dubbi: “Anton Cechov. È l’autore che sento più vicino a me. Il piccolo mondo che descrive e le sue micro-rappresentazioni della realtà sono così intense che mi colpiscono sempre. Thomas Mann, uno scrittore di peso, espansivo, che certamente prediligeva gli scrittori a lui vicini, disse dell’autore russo: ‘tra i grandi autori di peso, il piccolo mondo che lui raccontava sarà ricordato’. Di Cechov – conclude la Morazzoni – apprezzo soprattutto la pietas e la leggera ironia”.
Un’ospite di peso che chiude un’edizione di Filosofarti dal bilancio certamente positivo. Tanti autori illustri e soprattutto una grande affluenza, con diversi eventi, tra cui le conferenze di Galimberti e Cacciari, che hanno visto il tutto esaurito.

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Pubblicato il 09 Marzo 2019
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