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Il funzionario con la schiena dritta, “spina nel fianco” che ostacola gli affari del gruppo Caianiello

Nell'inchiesta che ha toccato il gruppo intorno a Nino Caianiello emerge la posizione incorruttibile del responsabile dell'ufficio tecnico, principale ostacolo agli affari illeciti. "Merita la benemerenza civica"

Generico 2018

Come a Lonate Pozzolo nel 2017, anche a Gallarate per un politico che corrompe, per uno che si piega, c’è anche un funzionario con la schiena dritta pronto a opporsi. Silenziosamente, facendo il suo lavoro. Ma anche attivamente, collaborando con i magistrati.

A Gallarate la cricca intorno a Nino Caianiello trova sulla sua strada un funzionario dell’ufficio urbanistica. Si chiama Massimo Sandoni, un tecnico di lungo corso, a Gallarate da alcuni anni. “Soggetto non allineato, testimone oculare di diversi illeciti “, dicono i magistrati inquirenti. Riferisce “plurimi atti contrari ai doveri d’ufficio perpetrati dall’assessore all’urbanistica”Alessandro Petrone, su pratiche che vengono fatte confluire nella Variante al Pgt che sarà poi votata (dalla maggioranza, con l’eccezione dei “ferraziani”) a inizio 2019.

«Sandoni non mi serve» dice Caianiello intercettato. «Elemento bloccante» lo definisce l’assessore Petrone. Parlano tante volte di lui, intercettati soprattutto nel locale che fa da base al gruppo. Il 27 luglio 2018 il “mullah” fa trasparire tutta la sua irritazione verso Sandoni, che aveva già testimoniato in Procura sulle vicende di Lonate Pozzolo (dove era funzionario dalla fine degli anni Novanta fino al 2010): «Uno che si alza la mattina e va dove deve andare [dai magistrati, ndr] deve avere qualche cazzo di problema!» dice il ras di Forza Italia.

L’inchiesta di Lonate aveva visto coinvolto il sindaco Danilo Rivolta, esponente locale di Forza Italia (e che a sua volta poi diede informazioni importanti ai magistrati). E a Gallarate era costato il posto all’assessore Orietta Liccati, che il sindaco Cassani sostituì poi a settembre con quell’Alessandro Petrone che è tra gli arrestati di questi giorni. Ricordando quel precedente, Caianiello cerca di disfarsi di Sandoni spostandolo, secondo il vecchio adagio dello “promuovere per rimuovere”. Cerca di mandarlo ai lavori pubblici, sfruttando il pensionamento del dirigente. «Questo prende e va ai lavori pubblici», si augura il mullah. E così verrebbe allontanato dal Pgt, la partita delicata del piano regolatore: «Tanto lì c’è il dirigente, lui che cazzo fa? Il Pgt lo fanno gli altri! A me che cazzo me ne fotte di questo qua!». La copertura parrebbe perfetta, nel caso la rimozione venisse in qualche modo contestata: «Io lo dico..io avrei chiesto lì Sandoni perchè è bravo!», dice il 9 luglio 2018, intercettato nel locale di Gallarate.

Il nodo centrale sono le presunte interferenze che il gruppo Caianiello svolge sulle pratiche ma anche sulla procedura generale di redazione del Pgt. Temi che passano anche nelle riunioni di maggioranza, in cui i tecnici vengono convocati, in spregio alla separazione tra il ruolo politico e quello tecnico. Sandoni si presta anche “a fungere da cosiddetto agente attrezzato per il suono”, a registrare cioè alcuni colloqui. Il confronto con i magistrati passa attraverso diversi incontri: Sandoni per mesi affronta il peso da solo, con la difficoltà anche di conciliare lavoro, collaborazione con i magistrati, vita personale. “L’unica spina nel fianco” in ufficio tecnico, dicono gli inquirenti, che infastidisce i progetti di chi vuole piegare il Pgt di Gallarate agli interessi privati.

«È lui il modello del vero gallaratese, dovrebbe ricevere la benemerenza civica», ha proposto il capogruppo Pd di Gallarate Giovanni Pignataro, già assessore all’urbanistica. «Di eroe ce n’è uno a Gallarate, Massimo Sandoni, che ha collaborato con la procura» ha detto anche il sindaco Cassani. Il nome di Sandoni – trasparente, senza ombra alcuna – è nelle carte dell’inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Milano: un riconoscimento vorrebbe dire non lasciarlo solo.

Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it
Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare.
Pubblicato il 09 Maggio 2019
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