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Giovanni Falcone e la memoria. “Educare significa rendere civile questo Paese”

Angelo Di Liberto ha dedicato un libro all'infanzia del giudice, nato in un ambiente conservatore ma aperto alla modernità. Il volume presentato dentro al programma di Filosofati: un omaggio che commuove

Giovanni Falcone bambino

Angelo Di Liberto, ospite alla libreria Librando a Gallarate in occasione di Filosofarti, commuove e fa commuovere raccontando dettagli inediti della storia di vita del giudice Giovanni Falcone: una testimonianza da palermitano che c’era e ha vissuto parte di quella tragica quotidianità. Così presenta il suo libro Il coraggio di Giovanni, che regala uno sguardo dentro la casa natale del giudice.

Perché questo libro?

Angelo Di Liberto ammette che la scelta di scrivere Il coraggio di Giovanni deriva da una consapevolezza coltivata nel tempo. L’autore ancora stupito afferma: «Pensate che prima delle stragi del ‘92 non esisteva un progetto per educare alla legalità, assurdo in un Paese ad alta intensità di corruzione». Come non esistevano programmi interministeriali, non esistevano strumenti e testi per permettere ai ragazzi di affrontare il tema.

Così, Il coraggio di Giovanni narra un episodio dell’infanzia del giudice Falcone, figura che conosciamo ampiamente nell’età adulta. Ecco il pezzo finora mancante che affronta il contesto familiare in cui Falcone cresce e si forma, fondamentale per una maggiore consapevolezza e conoscenza del giudice dal momento che «noi siamo anche frutto dell’educazione che riceviamo».

gallarate generico

Oggi, infatti, il libro ha apposto il logo della Fondazione Falcone in quanto è a tutti gli effetti uno strumento utilizzato nei programmi di educazione alla legalità, un libro in cui «Falcone bambino parla ad altri bambini».

Infine, Di Liberto afferma commosso: «Io non lo volevo far morire più, volevo che Giovanni rimanesse vivo».

La famiglia di Giovannino

Il racconto è realizzato grazie alle memorie delle sorelle Anna e Maria Falcone che ci permettono di entrare tra le mura di casa, allora una villa settecentesca, spianata per la realizzazione di un passante ferroviario che mai avverrà.

Papà Arturo ha una grande differenza d’età e di statura con il figlio Giovannino. È un genitore generoso nelle tenerezze, un uomo presentissimo nella vita familiare. A lui si contrappone la persona di mamma Luisa Bentivegna, sofferente per aver perso il fratello che falsò i documenti per partire per la guerra, donna ritrosa nei confronti dei figli, algida.

La famiglia narrata nel libro vive il 1946 e si caratterizza per notevole modernità: sono monarchici, ma il voto alle donne è cosa auspicata; inoltre, alle sorelle, maggiori per età rispetto al giudice, è permesso di viaggiare per l’Europa.

Le sorelle confermano di aver discusso in maniera analitica di tutto in famiglia, come emerge dalla fitta corrispondenza epistolare nei periodi trascorsi da Giovanni lontano da casa.

Giovanni era un bambino silenziosissimo, attento osservatore e talvolta irascibile. Aveva pienamente fatto propri i grandi valori familiari e nutriva profondo rispetto e senso di protezione per i suoi cari. Era un grandissimo lettore, un amante dello sport.

Narrazione e illustrazioni

Il libro è dedicato ai bambini tra gli 8 e i 13 anni, sebbene sia molto apprezzato anche da un pubblico adulto per approfondire e conoscere una nuova prospettiva sul giudice antimafia.

La copertina è realizzata dal maestro carradore Damiano Rotella, artista siciliano che, dal dipingere carretti, è diventato noto come collaboratore del brand Dolce & Gabbana.

La fondazione è stata la scelta giusta?

«La ha voluta la famiglia» spiega Di Liberto, aggiunge: «Le sorelle raccontano che hanno dedicato la vita a Giovanni, che non pensavano questo per il loro futuro, ma che non poteva essere diversamente».

Ecco come il sacrificio è diventato un valore:
«Io lo rifarei perché educare alla legalità significa rendere questo Paese un paese civile, tramandare la sua memoria. Non possono dimenticare, è identità nazionale» affermano le sorelle.

L’autore riconosce che la fondazione sia stata la scelta giusta anche guardando ai risultati del progetto, assolutamente concreti.
«I cartelloni, i quaderni, i disegni, i pop up, i puzzle sono i simboli di una prospettiva positiva, cioè l’Italia non dimentica».

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Pubblicato il 20 Febbraio 2025
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